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Enrico Prampolini

Prampolini

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Enrico Prampolini (Modena, 20 aprile 1894 – Roma, 17 giugno 1956) è stato un pittore, scultore, scenografo e costumista italiano.
Nel 1912, viste le sue capacità artistiche, si trasferì a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Tra gli altri, ebbe come insegnante Duilio Cambellotti, per tale motivo, inizialmente fu catturato dalla cultura simbolista, durante gli anni della Secessione romana. Durante la sua formazione a Roma, si interessò anche alla scultura e al teatro. È proprio così che nacque l’artista poliedrico che rimase poi per tutta la vita.
Nel 1913 si avvicinò al Futurismo tanto da esporre con i futuristi ereditando le lezioni di Boccioni e Balla, con il loro studio del movimento e del dinamismo. Due anni dopo, però, entrò in contatto con Tristan Tzara che era di passaggio a Roma e questo incontro lo fece interessare anche al Dada al punto di esporre a Zurigo presso la Galerie Dada.
Nel primo ventennio del ‘900 lavorò anche come scenografo per il film “Thait” di Anton Giulio Bragaglia.
Al 1919 risaliva la fondazione della Casa d’Arte Italiana, un luogo dove poter divulgare ed esporre l’arte d’avanguardia. Pochi anni dopo, nel ’23, ci fu la pubblicazione del Manifesto dell’arte Meccanica, di cui Prampolini fu tra i principali interpreti. Tutti gli anni ’20 dell’artista, erano rappresentati da opere influenzate da artisti Dada come Hans Arp; non aveva l’intento di rappresentare la forma esteriore della macchina, ma il suo spirito interno.
Qualche anno dopo si recò a Parigi, dove rimase oltre dieci anni. Lì espose soprattutto con i futuristi, intensificando la sua attività all’interno di quella corrente artistica, tant’è che firmò il Manifesto dell’architettura futurista e nel 1929 quello dell’Aeropittura. Partecipò a numerose mostre, ma anche a Biennali di Venezia e Quadriennali di Roma.
Nel 1934 pubblicò il manifesto “Al di là della pittura verso i polimaterici”, che consisteva in oggetti e materie diverse che fluttuavano su sfondi neutri e dalle forme surreali e polimateriche.
Nel 1941 tornò in Italia dove tenne una mostra personale alla Galleria di Roma. Negli ultimi anno esplorò anche l’Informale e nel 1951 espose alla mostra “Arte Astratta e Concreta in Italia” presso la Galleria Nazionale di Roma. Dopo aver inaugurato l’ultima personale alla Biennale del 1956, morì il giorno seguente, ancora nel pieno della sua attività.