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Storia

Messi accanto ad un eccezionale Mattia Moreni di “Nuvola bianca” del 1958 e al bolognese Romiti di “Composizione”, 1962, hanno certamente costituito una dichiarazione d’ intenti della galleria. L’ambito delle esperienze post belliche e dell’Informale, diventano un punto di riferimento per la galleria. L’apertura alla scena internazionale anche in questo caso viene garantita dalla presenza di un grande quadro di Hans Hartung “T 1963-E 23” del 1963, mentre la cronologia di mostra si chiude al 1973 con uno sconfinamento nello spazialismo di Bonalumi, che evoca alcune direttrici dell’informale, superandole in una chiave decisamente plastica. Il 2004 si apre con una mostra dedicata al tema de “Il nudo nell’arte”, quasi un omaggio ad un genere ormai tramontato, una mostra di forte gusto collezionistico. Invece con la mostra seguente nel maggio 2004 dedicata ad un giovane artista affermato come Massimo Barzagli, per la prima vola la galleria si apre al contemporaneo. L’artista si era messo in luce negli anni ’90 perché aveva fornito un’interessante e originale reinterpretazione della pittura ed esponendo presso importanti istituzioni pubbliche come il Museo Pecci di Prato (1991) e la Galleria d’arte moderna di Bologna – Villa delle Rose (1996) a Bologna. Massimo Barzagli è un artista autenticamente multimediale, nel senso che unisce il dipingere alla fotografia, inventando una tecnica originale che è una sintesi tra la pittura di pennello e delle vere e proprie impressioni trasferite sulla tela da oggetti, fiori o animali. Il supporto è cambiato e progressivamente si è spostato verso le tele emulsionate, quindi la fotografia. Ma certamente si può affermare che possiede istintivamente una matrice espressionista che lo lega al sentiment della galleria, oltre ad un profondo senso del colore che si propone nella sua forza e prepotenza segnica. Dopo una mostra di grafiche di qualità, viene proposto un altro artista contemporaneo, che dopo la mostra presso la Di Paolo Arte ha conosciuto una particolare fortuna critica e di pubblico, anche sotto forma di grandi installazioni realizzate in importanti spazi pubblici in Italia e in Inghilterra. La mostra “Profondo verde”, Franco Passalaqua è ancora un affondo verso la pittura, ma una pittura che diventa quasi una texture vivente. L’opera di Franco Passalaqua è un esempio di quanto la pittura attuale sia permeata di valori concettuali, senza mai rinunciare alla sua forza e specificità. L’artista di Perugia non è certo un pittore paesaggista, anche se è la Natura, gli alberi, che sono l’oggetto del suo discorso. Inoltre non ha alcuna vocazione al realismo che possa o meno confondersi con altre stagioni dell’arte. La sua idea di fondo è che la Natura attraversi un pericolo drammatico che va testimoniato e reso visibile. I suoi alberi diventano quasi puntiformi, i suoi boschi infinti, visti dall’alto quasi fossero un paesaggio a volo d’uccello, sono una creazione che da lontano evocano la monocromia, mentre ad una visione ravvicinata, svelano la loro anima figurativa. Un maestro mondiale come Hermann Nitsch, un artista simbolo degli anni ’60 e ‘70, è stato presentato nel dicembre 2004, in una mostra chiamata “Red paintings”. Il maestro viennese famoso per le sue performance legate ad una ritualità sospesa tra sacro e profano, tra cerimonia religiosa e teatro, ha presentato una serie di lavori recenti in cui predomina la pittura, la rappresentazione, non più la diretta ostensione della materia organica prodotta durante il Teatro delle orge e dei misteri. Il sangue sacrificale viene evocato in una sorta di palingenesi espressionista e in mostra, oltre alle tele, è stato presentato un video delle performance realizzate dall’artista austriaco.