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Storia

Interessante anche la presenza di un artista che usa la fotografia in modo molto originale, Luca Piovaccari, che riesce a creare degli effetti di trasparenza molto singolari stampando su acetato delle fotografie in bianco e nero di paesaggi romagnoli, che sporadicamente si è dedicato al ritratto. Complessivamente la deviazione dalle avanguardie artistiche verso la fotografia, è diventata una proposta anche i collezionisti di pittura, di allargare i confini delle scelte aprendosi alla qualità di una fotografia senza tempo. Ma con la mostra “Maestri storici dell’Informale” la Galleria ritorna alla sua vera vocazione, alla sua mission ormai perfettamente definita. Infatti, dopo la collettiva di capolavori, lo storico dell’arte Giovanni Maria Accame presenta un’importante antologica di Emilio Scanavino, con opere che datano dal 1957 di “Composizione” fino a “Tramatura” del 1974. Un excursus temporale ampio per una mostra in uno spazio privato e sempre sorretto da una qualità ineccepibile delle opere. Del maestro genovese scrive in catalogo lo storico e curatore della mostra: “ Scanavino è tra i maggiori rappresentanti di una generazione di artisti che, alla fine della seconda guerra mondiale, si riconobbero in una condizione psicologica e culturale che ebbe nell’Informale un complesso di caratteri espressivi tra i più autentici ed efficaci.” La mostra ha ricostruito sinteticamente il percorso della sua evoluzione segnica, sottolineando come questa ricerca derivi anche dall’idea del movimento, di quel qualcosa che accade mentre si dipinge e che non è preordinato, già deciso in partenza. L’Informale è stato una grande palestra di immensi talenti soprattutto italiani e certamente Scanavino ha saputo esprimere una sensibilità che lo identificava interamente nella totalizzante pratica dell’arte. La mostra seguente dedicata a Roberto Crippa, sempre curata da Giovanni Maria Accame, porta avanti lo stesso discorso delle avanguardie post belliche. Crippa si diploma a Brera nel 1947 e 4 anni dopo già espone da Alexander Jolas a New York, in quel momento uno dei templi dell’arte contemporanea mondiali. Artista prodigioso e veemente, Crippa dopo la sua scomparsa prematura nel 1972, non ha ancora avuto il ruolo che gli spetta, certamente accanto a Burri e Fontana, con il quale sottoscrive nel 1948 in Manifesto del Movimento Spazialista. In mostra vengono presentati oltre ad una rarissima “Composizione” del 1949, una “Galassie” del 1952 e un sughero del 1959 intitolato “Testa” in cui riecheggia la sua anima figurativa. Roberto Crippa , autore su cui la galleria ha intenzione di lavorare anche in futuro, è certamente uno degli artisti storici ancora sottovalutati dal mercato italiano, ma certamente uno dei grandi protagonisti del superamento dell’Informale verso l’oggetto. L’artista famoso per le sue “spirali” vicine alla poetica del Gruppo Nucleare di Enrico Baj, Piero Manzoni e Sergio D’Angelo, è giustamente famoso anche per i suoi polimaterici. Ha scritto Accame in catalogo: “I sugheri e i collage di materiali vari che danno corpo alle figure animale e alle ravvicinate prospettive dei paesaggi di Crippa, hanno un’immediata cadenza drammatica e una successiva percezione di profondità.” In altri termini una poetica della materia o una metafisica della materia, come ha scritto il teorico dell’Informel, Michel Tapié, che è già aperta verso le innovazioni degli anni seguenti. L’ultima mostra del 2008 e la prima del 2009 sono state invece dedicate al Futurismo che proprio il 20 febbraio 2009 ha compiuto 100 anni. La prima intitolata “Futurismo 1910-1915” curata da Maura Pozzati ha aperto il percorso cronologico con Giacomo Balla, il più anziano di tutti all’epoca, proveniente dal Divisionismo e da Simbolismo, e presente con due opere: la scultura “Linee di forza del pugno di Boccioni” (1915-1956), che è un lavoro che rappresenta molto bene l’essenza dinamica del Futurismo e la pittura ad olio “Colpo di fucile” del 1915, ancora di concezione simbolista. L’artista torinese incarna perfettamente la fine dell’Ottocento e l’inizio delle istanze e delle attese del Novecento. Tra le altre opere c’era un raro “Autoritratto” di Luigi Russolo del 1913, esposto in numerose mostre dedicate al movimento futurista e nelle Biennali del 1960 e 1968. Russolo rimase famoso anche per la sua attività di compositore e d’inventore di nuovi strumenti rumoristico-musicali, ma recentemente le mostre internazionali attorno al centenario futurista, ne stanno riproponendo in modo straordinario proprio la sua attività pittorica. Era anche in esposizione una grande opera di Leonardo Dudreville del 1913, “Conflitto tragico”, certamente uno dei primi esempi di pittura geometrica e astratta nella storia dell’arte, che fu già esposto nel 1914 alla mostra del gruppo “Nuove tendenze” tenutasi alla Famiglia Artistica di Milano dal 20 maggio al 10 giugno 1914. Inoltre sono stati presentate anche, due opere di Ardengo Soffici del 1911, “Pere” e “Bagnanti”, in cui l’adesione al futurismo non nasconde l’importanza e l’influenza della semplificazione compositiva cezanniana, lavori di forte concrezione materica e di solido disegno fiorentino. Il secondo fu esposto nella celebre galleria berlinese “Der Sturm” nel 1913. Alcune carte di Achille Funi, artista ferrarese di straordinaria qualità che ha anticipato le periferie di Sironi e un’opera di Primo Conti del 1918, questa forse con più ascendenze cubiste che futuriste, chiudevano un’esposizione con una qualità decisamente da spazio pubblico. La mostra di apertura dell’anno in corso sulla grafica futurista è una sorta di appendice della precedente, ma non di minore qualità e intensità emozionale. Oltre tutto si tratta sempre di opere non solo molto ben documentate, ma che hanno già passato il vaglio delle fondazioni e delle istituzioni competenti. In ogni caso al di là di questo omaggio al più grande movimento artistico italiano ed e europeo, la galleria Dipaolo arte, ha sviluppato dal 2003 a oggi, una spiccata vocazione verso la pittura informale e le avanguardie post belliche. Questo aspetto storico, a parte delle sempre interessanti, incursioni in territori paralleli, resta l’obbiettivo e la “vocazione” della galleria che ha assunto in breve tempo una sua precisa identità nel panorama delle galleria private bolognesi.